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giovedì 12 novembre 2015

Elmo’s diary: testa a testa e testa di pera

Scusate il ritardooooo!! Ho avuto un po’ da studiare in queste ultime settimane, ma ora finiti tutti i parziali e ho un paio di giorni di “relax”. 

Vi avevo lasciati sulle rive del fiume Carlo di Boston con davanti a noi in partenza l’equipaggio della nazionale a stelle e striscie. Come succede a Torino, la gara non è in linea retta ma segue il corso del fiume, e la direzione svolge un ruolo importante. Molto importante. Soprattuto nella seconda parte di gara dove una curva verso sinistra lunga circa 1km può decidere le sorti della gara se presa all’interno o all’esterno. Dopo questa breve introduzione, siete pronti a capire un po’ meglio le dinamiche di una delle più divertenti gare della mia carriera. 

Abbiamo fatto una partenza a fuoco e con l’intenzione di andare prendere la nazionale americana (che partiva 10 secondi prima di noi) prima della grande curva, per poi scegliere la traiettoria interna e decidere la gara in nostro favore. Ottima idea. Esecuzione della prima metà di gara perfetta. Un solo problema. Gli USA, o meglio il loro “Giorgino della situazione”, hanno deciso di non spostarsi e non lasciarci la precedenza, relegandoci all’esterno: manovra molto alla Marc Marquez per seguire un po’ i fatti di cronaca e non dover usare una brutta parola. Poppa americana e prua Washington si toccano, si ritoccano, si scontrano per circa 500 metri ma sempre senza che gli Stati Uniti si spostino. Tutti urlano e si scambiano parole poco dolci (sembra di essere a Pusiano in una giornata no del nostro Albertone). 

Ad un certo punta la nostra timoniera (sì, ci timonava una graziosa ragazza bionda), decide di decidere le sorti del diverbio con la forza, 3 + 10 full power e modalità sfondamento ON. È una battaglia all’ ultima remata. Inutile raccontarvi cosa sia successo: remi che volavano, buchi nelle barche e il nostro prodiere che falciava gli americani. Finale con la pala nella schiena del capovoga e attacco nel petto del numero due. Un, due, tre, quattro colpi e via: gli Stati Uniti si allargano lasciandoci la traiettoria che ci spettava già da più di 750 metri. Eravamo ormai sotto all’ultimo ponte, i tifosi esplodono vedendo gli Huskies prendere vantaggio lasciandoci all’ultimo chilomentro spinti da pura adrenalina. Che gara!!

Purtroppo però, mentre noi giocavamo a battaglia navale, Yale, Harvard e California si concentravano un po’ di più sulla velocità della loro barca, evitavano inutili perdite di tempo, non spaccavano le barche. Eh sì, ci hanno battuto. In realtà Yale ha vinto di soli 8 secondi su di noi che, tutto considerato, non è affatto male. 

Ora siamo tornati a Seattle e la routine, remergometro – due senza – remergomentro – 6mila in due senza, è tornata. Ogni settimana si gareggia in due senza, ma sono due le gare che contano di più: quella prima di Boston per la selezione dell’equipaggio e l’ultima, valida per l’assegnazione dei primi 4 posti per il Camp di allenamento di San Diego e del trofeo “testa di pera” (Pear head). Il nome della gara infatti gioca sulla parola “head” che significa sia testa che gara di fondo (vedi HEAD of the Charles) e sulla stessa pronuncia della parola due senza, pair, e pera. 

Il trofeo non ha alcun reale significato ma la foto dei vincitori viene appesa in canottieri vicino a quella di tutti i predecessori. Ah, si vince anche un maglietta e quindi io e Philipp abbiamo deciso di sacrificarci a tirare anche l’ultima gara e dare un paio di lezioni di frullatore a 36 colpi selvaggi a tutti (Viktor compreso, il serbo bronzo in 2- al mondiale U23 e bronzo in 2+ al mondiale Senior). Adesso per cambiare la monotonia faremo due settimane remando di coppia e cercando di non ribaltarci. Sarà divertente. O forse no. Vi terrò “impostati” - I’ll keep you posted. Elmo from Seattle

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