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venerdì 25 marzo 2016

Difficile crederci, però Sara puoi farlo

Il tempo di assimilare la botta, riemergere dall’apnea, far impallidire il rossore, tornare sulla strada che volevi abbandonare per sempre. A Sara Magnaghi, e a noi con lei, è servito questo tempo per capire o almeno provarci. Poco più di 7 minuti per realizzare che poco meno di 7 mesi sono stati un’illusione, la rincorsa sbagliata ad un salto già di per sé difficile. 

Alla TRio 1 di Piediluco, secondo pubblico confronto tra gli equipaggi federali, ma prima rivelazione per il due senza di Sara e Giada Colombo (SC Cernobbio) preparato in autonomia e isolamento a Pusiano, è bastata una regata e mezza per ammettere che qualcosa non è andato secondo il cronometro, secondo il fisico, secondo l’unisono di due atlete forti ma diverse. Sara e Giada hanno chiuso in ultima posizione la batteria mista di due senza, doppi e pesi leggeri, hanno perso a distanza il duello con Sara Bertolasi e Alessandra Patelli. L’infortunio di Giada e la conseguente resa già alla seconda regata di Piediluco non giustificano, non mascherano la rabbia e la delusione per un tentativo che andava fatto ma che poteva essere accantonato molto prima, quando le impressioni erano più forti delle scusanti. 

Come non si fa la storia, neanche si rema con i se e con i ma: se Sara avesse continuato in singolo, se Sara avesse presenziato a tutti i raduni, se Sara avesse partecipato ai Mondiali U23 di Plovdiv…gran bei periodi ipotetici, esercizio di grammatica, esercizio di fantasia. Sara ha creduto nel suo sport, più che in se stessa: indecisioni, selezioni, dietrofront, malfidenze sono riusciti a obnubilare il desiderio più grande di un’atleta, renderla vulnerabile e risibile. Scendere dalla barca è stata il rigetto più immediato, risalirci, da sola, è la medicina più naturale. 

Sara è ancora tra le convocate della Nazionale per il Memorial d’Aloja del 2-3 aprile, un promemoria più che un riconoscimento, ma questa è l’occasione per mostrare a se stessa e alla Federazione che il suo body azzurro è cucito sulla pelle, non indossato per obbedienza. Ancora più lontana appare quella strada umbra, percorsa decina di volte, ancora più assurdo appare un altro tentativo e invece vicina e ordinaria deve essere la via del riscatto.

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